martedì 5 ottobre 2010

Nuovo regime di mantenimento

La letteratura acquariofila nel web concorda sul fatto che qualsiasi modifica ai regimi di fertilizzazione negli acquari di piante va valutata in periodi lunghi: settimane o mesi, non giorni. Per questo cerco sempre di apportare le modifiche gradualmente a meno che non si verifichino necessità di intervento immediato e drastico.
Il tentativo di riduzione effettuato in agosto è stato valutato dopo circa un mese e mi aveva portato a far ripartire la fertilizzazione con CO2 pur mantenendo ridotto di 1/3 il cambio dell'acqua.
Nelle due settimane successive al ripristino della CO2 ho notato un notevole aumento delle alghe dette "staghorn" e anche delle dust sui vetri. Dopo un mese dal ripristino della CO2 queste ultime sono notevolmente diminuite ma le staghorn rimangono presenti su alcuni tipi di piante in particolare sull'eleocharis che è molto sofferente.


Più che all'aumento della CO2 (che dovrebbe sfavorirle) presumo che le alghe siano causate da uno squilibrio nel rapporto N/P a sfavore del P. Dovrò quindi aumentare leggermente la dose dei fosfati per valutare questa ipotesi.

Quando ho ripristinato la CO2, in base alle precedenti esperienze ho stimato in 3 settimane la durata di ciascun recipiente quindi, poichè ne utilizzo 2 ho ritardato di una settimana l'avvio del secondo in modo da raggiungere dei valori medi più stabili. Ho avuto però l'accortezza di segnare la data sui recipienti in modo da valutare attentamente la durata e sono riuscito a stabilire che il primo contenitore ha generato CO2 per 29 giorni. Quindi, se la cosa si ripeterà sarà opportuno sfasare le ricariche di 15 giorni in modo da ridurre le oscillazioni della CO2 come dal grafico che segue.


Una sorpresa positiva è stata quella relativa alle diatomee. Questo tipo di "alghe", a causa dell'acqua dura è sempre stato presente nel mio acquario ricoprendo le rocce e le piante più coriacee come le anubias. Il problema si presentava come una patina scura molto sgradevole da vedere. Ora, probabilmente grazie al ridotto cambio d'acqua sembra che la patina scura si sia trasformata in una sostanza più chiara che le lumachine e i gamberetti presenti in acquario riescono a pulire molto velocemente.


Il risultato è che le foglie delle anubias stanno tornando velocemente pulite e la patina scura sulle rocce stà pian piano sbiadendo.

In tutto questo tutti i pesci e gli invertebrati sembrano godere di piena salute senza alcuna reazione alle diverse condizioni.

mercoledì 8 settembre 2010

Aggiornamento

Durante le ferie di agosto ho avuto il tempo di osservare un po' meglio l'acquario e di intervenire sulla conduzione.
Il mio intervento sul filtro continua, a mio parere, a contribuire, grazie ad un maggior apporto di ossigeno, all'assenza di alghe. Quindi per il momento continuerò a mantenere il tubo di rientro dell'acqua al di sotto della superficie.
Fra metà luglio e metà agosto ho tentato di ridurre progressivamente l'apporto di nutrienti eliminando l'anidride carbonica a lievito (dosavo solamente Carbon Plus) e riducendo ad 1/4 gli altri nutrienti escluso il potassio. Lo scopo non era tanto quello di risparmiare quanto quello di ridurre leggermente la velocità di crescita delle piante in modo da dover potare meno frequentemente. Inoltre l'eliminazione dell'impianto a lievito era il presupposto per mantenere stabili i valori di CO2.
Verso metà di agosto, dopo circa un mese dall'inizio dell'esperimento le piante mostravano evidenti sofferenze in particolare alle foglie basali delle piante a stelo.
La ripresa graduale della fertilizzazione ha portato a evidenti carenze di CO2 per cui da circa una settimana ho ripristinato l'impianto di CO2 a lievito. La ripresa è stata evidente ma a questo punto sono tornato quasi al punto di partenza... sono riuscito solo a ridurre leggermente le dosi dei fertilizzanti e di 1/3 i cambi d'acqua portandoli da 15 a 10 litri alla settimana (2 cambi da 5 litri).


Come si vede dalla foto in questo momento non sto sviluppando alcun layout e mi accontento di mantenere l'impostazione che avevo dato di recente per ridurre a sinistra la presenza di piante a stelo. Purtroppo ho dei problemi con le piante a destra in quanto la Cardamine lyrata è di nuovo implosa (probabilmente a causa delle alte temperature) mentre la Ceratophyllum demersum sta invadendo tutto il lato destro. Per il momento ho deciso di operare un blando contenimento in attesa di decidere per l'eventuale inserimento di nuove piante o pesci.

martedì 3 agosto 2010

Riorganizzazione lato sinistro

Da un po' di tempo l'acquario aveva un aspetto troppo pieno che creava un notevole disagio estetico. Il corretto bilanciamento e uso degli spazi vuoti è, a mio parere, fondamentale per ottenere un aspetto armonioso dell'insieme.
Nello stesso tempo le ultime modifiche effettuate al filtro avevano portato ad un assenza di alghe e ad un buon equilibrio della chimica dell'acquario per cui ero un po' restio a qualsiasi modifica...
Alla fine, la scorsa settimana, mi sono deciso: ho individuato il problema nel lato sinistro con un eccessiva presenza della Limnophila sessiliflora. Inoltre, sempre a sinistra, i legni che costituiscono l'hardscape erano troppo spostati verso il vetro frontale riducendo la profondità della composizione. Il principale ostacolo a rimediare questa situazione era dovuto alla presenza dell'Anubias abbarbicata al legno più vicino al vetro e con le radici ben interrate.

Per prima cosa ho provveduto ad una potatura dal basso di quasi tutta la Limnophila sessiflora. Ho recuperato la parte alta delle talee per ripiantumare il lato sinistro gettando la parte bassa più spoglia.
Poi, molto lentamente, ho iniziato a spostare il legno centrale e ruotarlo verso l'interno con l'Anubias ancorata. Grazie al fondo in akadama l'impresa è stata meno traumatica del previsto.
La rotazione del legno verso l'angolo posteriore sinistro ha ridotto lo spazio per la Limnophila per cui quando ho ripiantumato ho dovuto scartare parte delle talee.
Ho completato l'opera potanto l' Hemianthus micranthemoides, in primo piano, e le Cardamine lyrata e Ceratophyllum demersum a sinistra.

Dopo una settimana la Ceratophyllum demersum è gia ricresciuta in maniera eccessiva mentre l' Hemianthus micranthemoides stenta a ripartire ma il risultato è discreto e lo spazio ottenuto nella composizione è notevole.


La foto ovviamente non è quella di una composizione finita in quanto non ho ancora deciso un nuovo layout che sfrutti lo spazio ottenuto e le piante sono ancora sofferenti per la drastica potatura.

mercoledì 14 luglio 2010

Ossigeno e velocità del flusso

Ho letto, di recente, un articolo del Dr. Ole Pedersen, noto collaboratore di Tropica, intitolato "Flow velocity affects internal oxygen conditions in the seagrass Cymodocea nodosa" e disponibile nel suo sito. Questo studio è stato effettuato su una macrofita marina ma secondo l'autore le considerazioni sono valide anche per le macrofite di acqua dolce dotate di radici.

La premessa è che le macrofite normalmente crescono su sedimenti anossici e che il trasporto di ossigeno dalle foglie alle radici (e relativa dispersione radiale) sono necessari a supportare il metabolismo aerobico e a prevenire l'invasione di sostanze tossiche dal sedimento. Durante la fase diurna solitamente la produzione di ossigeno è sufficiente ma durante la notte può calare al punto da indurre la pianta in sofferenza.In breve lo studio dimostra come al di sotto di determinate velocità di flusso dell'acqua il trasporto di ossigeno dalle foglie alle radici cala drasticamente.

Questo mi ha fatto comprendere che le preoccupazioni sul fatto che determinati substrati determinino zone anossiche è infondata in quanto tale condizione si desume essere comune a tutti i fondi. Inoltre qualsiasi sia il fondo una adeguata saturazione di ossigeno e una sufficiente velocità del flusso (intorno all'apparato foliare) inducono una emissione di O2 dall'apparato radicale sufficiente a ossigenare il substrato.

Ho chiesto sul forum di Aquagarden se qualcuno avesse avuto esperienze in acquario a sostegno di tali teorie. Le risposte sono state quasi tutte favorevoli in quanto:
- l'introduzione di pompe di movimento ha in tutti i casi giovato allo sviluppo delle piante con risposte immediate
- la presenza di zone anossiche non viene ritenuta problematica anzi viene ad esse correttamente attribuita la funzionalità di conversione delle sostanze di scarto in nutrienti

Per contro nessuno sembra aver tratto beneficio dall'introduzione di ossigeno tramite aereatore, consigliata fra l'altro da Takashi Amano per la fase notturna del fotoperiodo. Si può ipotizzare che la mancanza di risultati possa dipendere da uno dei seguenti fattori:
- Quantità di ossigeno disciolto già prossima al livello di saturazione negli acquari in questione.
- Scarsa efficienza dell'aereatore con i benefici derivanti dall'introduzione di ossigeno scompensati dalla dispersione di CO2 dovuta all'aumentato movimento dell'acqua.

Dovendo affrontare anche il problema del riscaldamento estivo con relativo calo della concentrazione di ossigeno in vasca ho voluto eseguire dei test modificando leggermente il sistema della pompa: tramite regolatore ho aumentato la portata oraria ed ho applicato un tubo di gomma sull'uscita (come nella foto) troncandolo obliquamente in modo da portare l'estremità sotto la superficie dell'acqua. Questo riduce il movimento superficiale ed evita la dispersione di CO2.


Inoltre sul lato superiore di questo tubo ho innestato a forza un tubo più piccolo leggermente inclinato. Questo tubo, sfruttando il minimo di effetto venturi presente, introduce dell'ossigeno nel flusso d'acqua.


Chiaramente il solo aumento della portata, che oltretutto verrà man mano ridotto dall'intasamento del materiale filtrante, non può portare gli stessi benefici di una pompa di movimento ma dovrebbe comunque migliorare la situazione.

martedì 22 giugno 2010

Acuavida Aquascaping contest 2010

Anche quest'anno, come lo scorso, ho partecipato all' AAC.

Il contest stà dimostrando livelli di qualità notevoli, il regolamento è chiaro, i risultati sono stati pubblicati puntualmente, il livello degli acquari presentati decisamente alto anche se il numero di partecipanti è ancora lontano da quello dell' IAPLC.

I risultati sono usciti il 21 Giugno e anche quest'anno gli italiani hanno fatto un ottima figura:
- primo posto di Pasquale Buonpane nella categoria acquari grandi (3° posto nella classifica generale) con un acquario che pur ricordando un iwagumi taglia nettamente i ponti con questo tipo di stile
- secondo posto di Ricardo Gallego Garcia nella categoria acquari medi (5° assoluto) con un acquario che ricorda molto quelli di Amano agli inizi.
- terzo posto per Massimo Faberi fra gli acquari grandi (10° assoluto).

Notevole per i colori anche l'aquario di Enrico Serena (20° fra gli acquari medi).

Il mio risultato di quest'anno mi soddisfa ampiamente. Come lo scorso anno mi sono piazzato a metà classifica (136° assoluto su 223 iscritti) ma almeno, a differenza dello scorso anno, non sono arrivato ultimo fra gli italiani in gara (ben 21).


Per quanto riguarda la classifica di categoria è un 75° posto (su 95) con 330 punti. Anche in questo caso un risultato che mi soddisfa pienamente.


Al di la del punteggio la soddisfazione deriva dall'aver partecipato con una vasca più matura e con un layout più studiato, ma ancora di più dall'aver ottenuto tutto questo come naturale evoluzione di una vasca esistente senza realizzarne una per l'occasione. Fodamentali sono stati i suggerimenti per la potatura ricevuti nel forum di Acquagarden...
L'acquario pochi giorni prima dell'iscrizione si presentava così:

Tutte le pietre e i tronchi risultavano invisibili e l'insieme era decisamente troppo pieno e soffocante...

Mi sono arrivati suggerimenti per un taglio del genere:

Sicuramente molto valido ma non completamente realizzabile in quanto la parte di destra presentava dal secondo piano dei buchi molto evidenti nella vegetazione che, con una potatura del genere avrebbero stravolto il risultato.

Ho preferito quindi una semplice potatura a V come aveva inizialmente suggerito Enrico Serena, e ho provveduto a liberare l'area davanti alla pietra centrale che ho anche rovesciato in quanto la superficie superiore era eccessivamente ricoperta dalle alghe.



Analizzando anche gli altri lavori presentati avrò senz'altro modo di migliorare anche il mio per il prossimo anno... nel frattempo aspetto per vedere se i risultati dell' IAPLC concorderanno con questi...

giovedì 27 maggio 2010

Muschio

Ho sempre identificato il muschio del mio acquario come Taxiphyllum barbieri (Java Moss) in quanto come tale mi era stato venduto.

Osservando le foto di vari acquari ho però notato che la crescita del Taxiphyllum barbieri è più orizzontale rispetto a quella del mio muschio che, appena possibile, tende a crescere verso l'alto.
Consultando il sito Aquamoss che, a mio parere, è il più completo esistente sull'argomento, ho tentato l'identificazione analizzando in dettaglio il muschio a partire dalla sua struttura.

La scarsa ramificazione e la foglia relativamente piccola mi permettono di escludere l'appartenenza ai generi Vesicularia e Fissidens ma sembrerebbe confermare l'appartenenza al genere Taxiphyllum. Ho però notato la somiglianza con la crescita tipica del Leptodictyum riparium (Stringy Moss)... la foto seguente presa dal sito Aquamoss confronta, nell'ordine,
Vesicularia dubyana, Taxiphyllum barbieri e Leptodictyum riparium.

La foto non risolve completamente i dubbi in quanto, confrontando la sola struttura il muschio in mio possesso potrebbe essere sia Java che Stringy moss.
Ho quindi cercato di confrontare le "foglie" del muschio in mio possesso con quelle dei due muschi indicati (Java e Stringy).

Ingrandendo al massimo la foto del mio muschio si notano le "foglie " approssimativamente lanceolate (una successiva osservazione al microscopio conferma tale osservazione mostrando delle foglie molto allungate:


che assomigliano a quelle del Leptodictyum riparium:



e molto meno a quelle del Taxiphyllum barbieri che sonopiù corte e "arrotondate":

Quindi sia la struttura che il tipo di crescita sembrerebbero confermare che quello in mio possesso è Leptodictyum riparium. Ciò non cambia molto il metodo di coltivazione in quanto è un muschio che sopporta caratteristiche ambientali simili al Taxiphyllum barbieri, cambia invece la modalità di impiego in acquario in quanto lo sviluppo nettamente verticale, di cui ho effettivamente riscontro, lo rende più adatto ad uno sfondo rispetto ad una coltivazione su legno in un punto focale o in primo piano.

mercoledì 19 maggio 2010

Controllo delle alghe

In un vecchio articolo del 2009 nel suo forum, Tom Barr, pone l'accento sul fatto che i vari sistemi di fertilizzazione sono spesso proposti come metodi per combattere le alghe quando in realtà vanno intesi solamente come metodi per far crescere le piante.
Egli sottolinea come da questo equivoco di base derivino molti dei problemi incontrati dagli acquariofili e che l'unico modo per risolvere il problema è tornare alla domanda di base, ovvero "Qual'è la causa della crescita delle alghe?".

Al di là del fatto che la premessa potrebbe essere oggetto di discussione, in quanto una migliore crescita delle piante equivale quasi sempre a un ambiente sfavorevole per le alghe, alcuni dei punti affrontati sono sicuramente interessanti.

Il primo è che non c'è una risposta unica al quesito in quanto esistono moltissimi tipi e specie di alghe con esigenze specifiche per ciascuna specie.
Questo concetto è ovvio ma viene spesso dimenticato e nelle discussioni che avvengono su internet si tende a generalizzare o al limite ad individuare vagamente la tipologia di alga.

Nell'articolo si mette in luce come, in alla legge di Liebig molti ritenendo la PO4 essere la causa principale delle alghe cerchino di limitarla in modo da togliere nutrimento alle stesse.
Viene fatto notare che l'eccesso di PO4 non può essere considerato una causa primaria in quanto si possono trovare molti esempi di acquari con (relativamente) forti concentrazioni di PO4 e la completa assenza di alghe e viceversa acquari con PO4 limitata e forte presenza algale... quindi la PO4 non solo non può essere considerata causa primaria (se in eccesso) ma nemmeno fattore limitante per le alghe.
Da qui Tom Barr spiega che maggior influenza rispetto alla PO4 ha il dosaggio di CO2. In particolare evidenzia che, anche in vasche in cui la CO2 non è limitante, risulta possibile indurre un bloom algale variando improvvisamente il dosaggio della stessa.
Il fenomeno è tanto maggiore quanto più spesso si effettuano delle variazioni... e la causa alla fine è sempre la maggiore adattabilità delle alghe rispetto alle piante alle variazioni ambientali improvvise.

Questo va a coincidere con una osservazione fatta più volte nel mio acquario e confermata da una recente (ennesima) verifica. Circa tre mesi fa ho dimenticato di ricaricare le tanichette della CO2 (a lievito) e quando mi sono reso conto che l'emissione di anidride carbonica era a zero, un po' per pigrizia, un po' perchè le piante non mostravano segni di sofferenza, un po' perchè comunque doso carbonio in forma liquida ho deciso di non ricaricarle.
Nell'arco di un paio di mesi, durante i quali mancava l'aggiunta di CO2 a lievito, la situazione alghe era notevolmente migliorata. Come controprova da un paio di settimane ho fatto ripartire la CO2 e le alghe sono tornate (filamentose, staghorn, e BBA).
Non penso che la CO2 causi le alghe ma è probabile che, essendo il sistema a lievito assolutamente non regolabile, le variazioni ad esso dovute siano più nocive di quanto beneficio derivi dall'aggiunta di CO2.

Staghorn su stelo di Eleocharis

Lo stesso Tom Barr ribadisce (cercando di tradurre testualmente): "Fintanto che la CO2 è stabile e non cambia/varia troppo di settimana in settimana le piante dovrebbero continuare a crescere bene e, ridotte ma libere dalle alghe."
L'analisi estremizza poi il problema è si consiglia, in acquari low tech, senza CO2 di cambiare l'acqua con frequenza superiore al mese in quanto i cambi settimanali sarebbero causa di picchi di CO2 che favorirebbero le alghe.

Anche in questo caso le mie osservazioni coincidono in quanto, pur non arrivando a sperimentare cambi mensili o addirittura bimestrali, ho notato che i migliori risultati li ho ottenuti con due piccoli cambi settimanali piuttosto che con più massicci cambi settimanali o quindicinali. Probabilmente il mio sistema, aumentando la frequenza e riducendo la quantità, livella i picchi di variazione.

Tom, con un successivo post, ampia l'analisi ad altrii nutrienti e osserva che aumentando l'NH4 è possibile indurre un "algae bloom". La sua osservazione è che comunque tale fenomeno non genera un aumento di altri tipi di alghe e quindi è da considerarsi causa diretta solo per questo tipo di fenomeno.

Per quanto riguarda il Redfield Ratio che lega P e N nell'articolo si citano i lavori di Anderson che in merito spiega come il RR sia un parametro abusato in quanto esso è un valore medio calcolato su scale ampie di spazio, tempo, volumi e tipi di alghe e andrebbe ricondotto almeno a valori specifici per le specie osservate. ..

giovedì 29 aprile 2010

Fotocamera

Da un paio d'anni a questa parte utilizzo per le foto all'aquario una fotocamera compatta Panasonic Lumix DMC-LS60 sulla quale non posso che spendere elogi. Le foto sono fantastiche e con un ottima definizione e fedeltà di colori.
Come tutte le compatte di basso costo ha un limite notevole che risulta molto penalizzante quando si tratta di fotografare un acquario: non è possibile regolare manualmente la velocità di scatto e/o l'apertura focale.

I problemi nel fotografare un acquario sono di due tipi:
- Luce: non è mai abbastanza e non è possibile rimediare con il flash a causa della riflessione sui vetri
- Soggetti: i pesci richiedono alte velocità per evitare il "mosso", per le piante spesso è necessario, al contrario, prediligere una maggiore profondità di campo.

Escludendo le varie modalità automatiche che non permettono alcun controllo sui parametri il limite della LS60 è che anche in modalità manuale non sono previste regolazioni su tempi e focali. In tale modalità (come nella modalità macro) si possono modificare solo il bilanciamento del bianco, gli "ISO" (100 -> 3200) e la compensazione esposizione (+2/-2 in passi da 1/3). Di fatto l'unico intervento possibile sembra quindi essere la regolazione degli ISO che permette di variare i tempi a scapito della qualità dell'immagine causata dall'aumento del rumore.

Per capire meglio come gestire il tutto e valutare l'opportunità di aumentare la luce ho eseguito un esperimento:
A tarda sera, con luce ambientale nulla, ho acceso una lampada da 150w ed ho posto al di sotto un cartoncino bianco. Questo mi dava una sorgente di luce diffusa di intensità costante. Ho posto la macchina a 50 cm circa dal cartoncino mettendolo a fuoco, ed ho iniziato a trascrivere i vari tempi e aperture focali indicate dalla macchina al variare degli ISO.
Ne è uscita una tabellina come segue:






ISOfoctempo (s)
100 2,8 1/4
200 2,8 1/8
400 2,8 1/15
800 2,8 1/30
2000 2,8 1/60

Sorpresa! La macchina non adegua focale e tempo ma solo il tempo mantenendo sempre la focale a 2,8 (apertura massima).
Questo mi porta a due considerazioni. Primo: per quanto possa manipolare i parametri la macchina tenderà sempre ad aprire la focale al massimo andando a ridurre la profondità di campo. Secondo: in base alla prima considerazione non ha senso variare di molto gli ISO se non fino alla velocità di scatto minima necessaria per riprendere un pesce (fattore che dipende molto dalla mobilità dello stesso in quel momento).
Quindi si ottiene un risultato migliore evitando di spaventare il soggetto rispetto a qualsiasi regolazione possibile sulla macchina la dimostrazione è nei due scatti seguenti; entrambi con f 5,0 e t 1/8s,

nel primo il soggetto era spaventato e in movimento


nel secondo, decisamente più ben riuscito l'esemplare era quasi immobile...




Per le piante la situazione invece è grave a causa della scarsa profondità di campo. Quindi l'esperimento è continuato, in quanto, mi sono chiesto cosa sarebbe successo zoomando visto che, normalmente, l'adozione di uno zoom riduce l'apertura focale.

Quindi ho mantenuto costante l'impostazione degli ISO a 200 e ho provato a zoomare ecco il risultato:





Zoomfoctempo (s)
1x 2,8 1/4
2x 4,3 1/4
3x 5,0 1/4

quindi variando lo zoom si riesce a variare anche la profondità di campo (a scapito dell'area ripresa) anche se il range non è molto esteso in quanto la macchina permette aperture 2,8 -> 5,0.
Comunque quando il soggetto dello scatto è in primo piano e si desidera isolarlo dal resto anche una apertura focale 2,8 può essere comoda: in questo scatto, volendo evidenziare le bolle di ossigeno, ho utilizzato il macro tenendo la sensibilità più bassa possibile (200 ISO). La macchina si è regolata su f 2,8 t 1/15s e il risultato è sicuramente decente...


Forse avrei potuto migliorarlo scendendo a 100 ISO ma non sempre al momento dello scatto si riesce ad avere sotto controllo tutti i parametri.

venerdì 16 aprile 2010

ASE 2010

Il giorno 15/04/2010 sono stati pubblicati i risultati dell' Aquatic Scapers Europe International Aquascaping Contest 2010.
Gli italiani iscritti al contest rappresentavano il gruppo più numeroso con 19 iscritti su 114.


Ho partecipato alla manifestazione con l'evoluzione dello stesso aquascape dello scorso anno e questo forse ha penalizzato il risultato: per la categoria standard lo scorso anno mi ero posizionato 61° su 86. Quest'anno 65° su 75... un netto peggioramento ch mi ha lasciato perplesso...


Lo scorso anno infatti il layout veniva giudicato incompleto in particolare per quanto riguardava il primo piano. Quest'anno pensavo di avere superato almeno tale problema... ma la mancanza di un giudizio non mi permette di capire quali sono le carenze riscontrate ( e mi fa pensare che i giudici non abbiano avuto molto tempo per compiere un lavoro adeguato).

Analizzando il dettaglio dei punteggi la situazione è la seguente:









Ranking: 61. place of 86 layouts 65. place of 75 layouts
Total: 56,00 of 100 points 51,50 of 100 points
Details by Jury

Creativity: 18,00 of 35 points 17,50 of 35 points
Layout: 17,25 of 30 points 15,83 of 30 points
Condition: 18,75 of 30 points 16,17 of 30 points
Photo: 2,00 of 5 points 2,00 of 5 points

Considerazioni in merito:
- la qualità della foto è rimasta la stessa.
- la creatività è stata considerata maggiore sul layout incompleto
- il layout a parere dei giudici è peggiorato e questa è la parte che mi lascia più perplesso
- le condizioni sono state giudicate peggiori... e questo per certi aspetti potrebbe essere vero.

Tutto sommato direi che a livello estetico devo ancora lavorare molto e che la qualità della foto sicuramente è migliorabile.

Ecco il dettaglio della vasca e i dati di partecipazione:
Aquascape Title Alveus Fluvialis Decursus
Name (Country) Rudi Giacomini Pilon (Italia)
Tank Size (WxDxH) 100 x 30 x 40 cm Tank Volume 120 l
Fertilization
Sera florena
kent Pro-Plant
PO4 (DIY solution)
K2SO4 solution
Azoo Carbon Plus CO2
CO2-System yes
DIY Yeast CO2

Lightning 1 x Philips Master TL-D Super 80, T5 30 W/865 9h/day
Substrate Akadama (medium size)
Plants Fish & Invertebrates
Anubias barteri var. nana
Cardamine lyrata
Ceratophyllum demersum
Eleocharis acicularis
Hemianthus callitrichoides
Hemianthus micranthemoides
Limnophila sessiliflora
Microsorum pteropus
Taxiphyllum barbieri Caridina multidentata (Caridina japonica)
Paracheirodon axelrodi
Hyphessobrycon herbertaxelrodi
Hemigrammus bleheri
Physa marmorata
Planorbis spec
Hardscape
3 stones
2 woods

giovedì 1 aprile 2010

Rosse a sorpresa

Sconcertante sorpresa alcuni giorni fa... le punte della limnophila compariva decisamente di tonalità rossa:

ho scattato una foto macro per poterla analizzare con calma e valutare la cosa ed il fenomeno risulta decisamente evidente...


Sulle prime ho pensato a qualche carenza/eccesso di nutrienti. Poi ragionando ho pensato che poteva anche dipendere dalla luce in quanto ho letto che molte specie di piante in luce intensa tendono a diventare rosse.
Così ho pensato di verificare la cosa tagliando alcune piante e ripiantando le cime più in basso in condizione di ombra.
Effettivamente dopo alcuni giorni le piante in ombra erano tornate al verde e rimanevano tali quindi il fenomeno sembra essere legato all'esposizione luminosa.
Per contro le piante non cimate sono anch'esse virate al verde mostrando solo su alcuni esemplari la nuova crescita in rosso.
Penso quindi che la luce non sia l'unico fattore anche perchè non ho cambiato di recente il neon e quindi non dovrebbe in alcun modo aumentata.
Sicuramente le condizioni dell'acquario sono eccezionali e la quantità di alghe è minima come si vede anche dal pearling e dalla crescita velocissima della cardamine lyrata

e dalla scarsissima presenza di physa sui vetri:

giovedì 25 marzo 2010

Modello

In molte discussioni su internet ho incontrato la necessità/volontà da parte di molti di realizzare un modello dell'ecosistema acquario. La conclusione inevitabile di ogni discussione sull'argomento è che il sistema in questione deve tenere conto di un numero elevatissimo di parametri per cui risulta impossibile ricavarne un modello standard.
Tanto per fare un esempio di alcuni dei parametri di cui tenere conto potrei citare:
- pesci: il numero e la specie.
- piante: il numero e la specie.
- temperatura media e il range di escursione termica media a cui è sottoposta la vasca.
- vari parametri chimici dell'acqua (pH, GH, KH, potenziale redox ecc..).
- il tipo di illuminazione, fotoperiodo, gli spettri di emissione, la colonna d'acqua, quantità di particelle in sospensione.
- la flora batterica esistente, quantità e qualità.
- il materiale di fondo e se più di uno i rapporti fra i materiali, la loro condizione.

Alcuni di questi parametri sono decisamente ardui da classificare ed analizzare (es. flora batterica) se non con attrezzature specifiche che vanno ben oltre i tipici test kit a disposizione dell'hobbista.
Questo comunque non significa che ci si debba accontentare dei soliti schemi come quello relativo al ciclo dell'azoto con i passaggi semplificati NH->NO3->NO2.

Ho tentato prendendo informazioni da varie fonti di abbozzare un modello di base per i principali cicli del sistema acquario e ne è uscito lo schema seguente che sicuramente è migliorabile ma che è anche un buon punto di partenza...



Nel modello non sono sceso in dettaglio nei rapporti fra i vari fertilizzanti o nei loro rapporti con elementi diversi se non nel caso del ferro (FE) che subisce fenomeni di ossidazione dall'ossigeno presente e tende a precipitare.

Non si evidenzia dallo schema ma ci sono due punti in cui il modello si apre a interventi esterni:
- alimentazione dei pesci: che interviene sul carico organico
- cambio dell'acqua: che modifica i valori di molti dei parametri chimico-fisici (per es. banalmente la temperatura dell'acqua nel caso in cui quella aggiunta sia differente)
L'ampliamento del modello darebbe materiale di analisi per mesi senza arrivare ad un modello esaustivo per cui in futuro applicherò migliorie al modello solo se le troverò molto significative per successive analisi.

giovedì 25 febbraio 2010

Velocità del filtro

La relativa assenza di alghe, riscontrata in acquario nell'ultimo periodo, mi ha permesso di osservare una relazione diretta fra la pulizia della pompa e l'aumento di alghe (filamentose, staghorn e spot). Per pulizia della pompa non intendo la pulizia del filtro biologico ma della sola pompa e del filtrino meccanico della stessa che consiste in un quadrato da 1cm quadrato di spugna sintetica.

In generale (e semplificando di molto) le alghe sono favorite da un eccesso di ammoniaca (NH3) o ammonio (NH4) causata a sua volta da una scarsa nitrificazione rispetto ad un eccesso di sostanze organiche inquinanti. La nitrificazione è sfavorita da:
- temperatura bassa
- PH basso
- O2 scarso (caso di concorrenza con altri batteri non nitrificanti e consumatori di ossigeno)
- KH basso (cala il PH)
- flusso del filtro (velocità) non adeguato.


Considerando che alla pulizia del filtro di protezione della pompa corrisponde un aumento di velocità del flusso e che, tale aumento favorendo l'ossigenazione dovrebbe sfavorire le alghe è evidente che l'aumento di ossigenazione indotto non ha una entità tale da apportare benefici.

Si suppone che la pulizia della pompa non vada ad influenzare parametri del tipo temperatura, PH o KH anche se in realtà la variazione di ossigenazione e maggiore dispersione di CO2 dovute ad un aumento di velocità del flusso potrebbero influire nel PH. Quindi tutto sembra indicare che dopo la pulizia la velocità del flusso diventi eccessiva e non permetta ai batteri la nitrificazione di tutto l'NH presente. Questo combacia con l'osservazione che quando il flusso dell'acqua rallenta a causa dell'intasamento del filtro biologico l'aspetto generale della vasca è migliore e l'acqua è più limpida. Lo stesso effetto si ottiene pulendo a fondo l'acquario e quindi contribuendo manualmente alla diminuzione del carico organico.

Quindi il filtro intasato ha già un ossigenazione corretta e una velocità adeguata al processo di nitrificazione rispetto al carico organico presente. Sicuramente il filtro sta sempre lavorando al limite ed è sottodimensionato ma, essendo un filtro interno risulta difficile modificarne la capacità ...

lunedì 1 febbraio 2010

Aquascaping ed estetica

Dopo avere visto pubblicati gli ultimi risultati dell' AGA Contest mi ero ripromesso di fare alcune considerazioni in merito allo stato attuale dell' aquascaping. Tale proposito nasce dal sempre maggior numero di lavori, presentati ai contest, raffiguranti degli scorci che sono più assimilabili a paesaggi terrestri che acquatici, opere che secondo molti (compreso il sottoscritto) non andrebbero etichettate come acquari ma come lavori artistici di categoria separata.

Va premesso che considero la maggior parte di tali lavori come delle opere d'arte che, per me, sarebbe impossibile eguagliare. Quindi non ho alcun titolo a mettere in discussione la qualità tecnica ed estetica di tali opere, ma vorrei comunque fare il punto su come, secondo me , dovrebbe apparire un acquario. E' ovvio che trattandosi di un giudizio estetico personale possa trovare o meno accordo a seconda di quanto sia vicino il gusto estetico di chi leggerà queste note.

Fatte le suddette premesse trovo discutibile l'utilizzo del termine "acquari" per queste vasche in quanto la loro estetica si allontana notevolmente da quello che è il mio concetto di acquario ed in particolare di "Nature Aquarium" o come si usa dire da noi "Aquario naturale".
Sicuramente i miei concetti estetici sono influenzati dai primi lavori di Takashi Amano o, perlomeno, da quelli presentati nel primo libro della serie "Nature Aquarium World". Egli stesso in una intervista del '97 a proposito dei concetti alla base dei suoi lavori diceva "Observing Nature, Learning from Nature, & Applying what you learned,in creating Nature within the aquarium" ovvero: "Osservare la natura, imparare da essa, applicare ciò che avete imparato per creare la natura nell'acquario".

Leggere queste parole senza contestualizzarle è, comunque, fuorviante in quanto si potrebbe pensare all'"acquario biotopo" come acquario ideale. Non ritengo che sia così ne per quanto riguarda l'estetica ne per la qualità ambientale. Infatti alcuni biotopi sono sicuramente esteticamente poco validi e non è detto che, vivere una vasca di tale tipo, sia per i nostri pesci meglio che vivere in una vasca meno specializzata. Per quanto impegno si possa spendere nella realizzazione difficilmente il biotopo ricreato in vasca sarà fedele al 100% all' ambiente naturale che si desidera rappresentare, sia per il grande numero di variabili in gioco, sia per i limiti intrinseci del voler rappresentare un ecosistema aperto all'interno di un ambiente chiuso. La realizzazione di un acquario che simbolicamente rappresenta un ambiente naturale può essere, e spesso lo è, tecnicamente più semplice rispetto al ricreare un ambiente specifico e quindi ci sono maggiori probabilità di creare un ambiente salubre per piante e pesci.

Scartato il biotopo e andando ad analizzare meglio le affermazioni di Amano non si possono dimenticare le sue origini giapponesi e la sua cultura che sicuramente risente dei principi dello scintoismo e dello zen. Principi che sono presenti in tutte le arti visive giapponesi e dai quali sicuramente T. Amano è influenzato. Tali principi si riflettono anche in molte vasche cosiddette "Iwagumi" che secondo me hanno rappresentato il punto di passaggio fra lo stile "naturale" e quello stile che definirei, in mancanza di termini più adeguati, "landscaping" , ovvero di rappresentazioni di paesaggi terrestri negli acquari.
Ciò che forse a molti aquascaper è sfuggito è che per gli orientali lo stile Iwagumi è una rappresentazione simbolica della realtà non una sua fedele imitazione. Rappresentazione che fa un uso di proporzioni e spazi vuoti che sono, per quanto esteticamente validi, lontani da una rappresentazione naturale di un ambiente acquatico tanto quanto gli ordinati vialetti degli acquari "olandesi".

La natura possiede uno spontaneo (passatemi i termini) "ordine caotico": le piante in natura non sono separate da netti confini, ma mescolate fra di loro, cercando l'una di penetrare lo spazio dell'altra ma nello stesso tempo costrette al loro posto da leggi naturali di competizione reciproca (per la conquista di luce e altri nutrienti). Ne risulta un armonia difficile da imitare in un acquario forzato entro uno schema, ma possibile in un acquario accompagnato nella sua crescita. Questa mia ipotesi troverebbe conferma nel fatto che Amano affermava che le sue vasche non erano destinate a essere immediatamente dismesse ma, al contrario "They are designed for long term setup." (Sono progettate per allestimenti a lungo termine) e quindi, in un certo senso, destinate a progredire e evolvere.

Non si dovrebbe comunque pensare ad un'acquario spontaneo ed abbandonato a se stesso come un acquario ottimale (con abbandonato a se stesso si intende ovviamente dal punto di vista estetico non dal punto di vista della manutenzione la quale non è assolutamente in discussione andando altrimenti a scapito della salute dei nostri pesci). L'estetica zen, come ben espresso da Okakura Kakuzo ne "Lo zen e la cerimonia del tè" o anche da Alan Watts in "La via dello zen", e ben ricca di esempi in merito a arrangiamenti di giardini, opere d'arte, gestualità cerimoniali, apparentemente naturali e casuali. Apparentemente; ma in realtà tali in quanto frutto del disciplinato e ripetuto esercizio fino al raggiungimento dello stato di spontaneità. Termine quest'ultimo che viene assegnato sia appunto al risultato, sia al metodo e ai gesti impiegati per ottenerlo che il ripetuto esercizio deve far divenire la condizione naturale dell'operatore.

Lo stato di naturale spontaneità è proprio, a mio parere, il tocco mancante delle opere incriminate. Paesaggi estremamente curati, ordinatissimi, tecnicamente perfetti ma mancanti di quell'emozione che può regalare un acquario e, ancora di più, un acquario naturale. Tale stato di spontaneità è a volte reso con il termine giapponese wabi-sabi ma l'uso di tale termine è corretto solo se interpretato (ancora una volta) nel solo ambito estetico .

Vorrei tornare momentaneamente sull'argomento dell'acquario biotopo prima liquidato forse troppo in fretta. Ho accennato a difficoltà alla corretta e fedele riproduzione di un ambiente naturale per il grande numero di variabili in gioco. Molti sarebbero pronti a sostenere di avere pensato a tutto prelevando acqua e arredi dall'ambiente originario, avendo avuto cura di temporizzare e quantificare correttamente l'illuminazione e i flussi della corrente e chissà quant'altro. Va tutto bene ma a quanti è venuto in mente di tenere conto dei cicli stagionali o delle escursioni termiche giornaliere? Chi può dire di riuscire a riprodurre la corretta torbidità dell'acqua?

Un'altra considerazione poi è relativa al modo in cui presentiamo esteticamente i nostri plantaquari posizionando in primo piano le piante basse e sullo sfondo, quelle più alte con il terriccio del fondo dell'acquario che tende a scendere dallo sfondo al primo piano. Ciò è assolutamente necessario nei nostri acquari, in quanto in caso contrario le piante più alte nasconderebbero alla vista le più basse, ma contrasta con la posizione in natura in quanto solitamente le piante più alte si sviluppano nel acqua più profonda e viceversa. Ovviamente per questo specifico caso non c'è differenza fra una tipologia e l'altra di acquario ma ho ritenuto opportuno citare l'ennesimo esempio di quanto la ricostruzione di un ambiente sia limitata da vincoli tecnici e pratici.

Detto questo ribadisco che prima dell'estetica globale sia da valutare la verosimiglianza dell'acquario con un ambiente acquatico, ben vengano valutate la sua salute globale, l' estetica e la tecnica applicata ma mai ponendo l'ultima come primo requisito. Il rischio è di trovarci acquari perfetti dal punto della realizzazione, esteticamente validi ma destinati a durare il tempo di un concorso... troviamogli un nome ma non chiamiamoli acquari!

martedì 19 gennaio 2010

Ittio

L'ittio o più propriamente Ichthyophthirius multifiliis è a mio parere una delle malattie peggiori che può infestare un acquario, e ovviamente non ha mancato di farsi viva. E' comunemente indicata come malattia dei puntini bianchi a causa della sua manifestazione più ovvia: dei puntini di 0,5-1,5 mm di colore bianco che altro non sono che il parassita che si è innestato sulla cute dei pesci dopo avere superato le loro barriere naturali. Si può trovare una buona indicazione del problema e dei suggerimenti su Acquaportal anche se il thread in questione è piuttosto datato e le soluzioni riportate non sono attuabili. Ecco un esempio di un esemplare che maggiormente manifestava il problema:


La malattia ha colpito il mio acquario a fine dicembre e in sei giorni il risultato è stato quello di avere cinque Cardinali falciati. Appena identificato il problema (avevo solo un pesce colpito) sono corso al negozio di acquari per cercare dei medicinali adeguati. Mi aspettavo già la risposta (avendone letto qualcosa in merito) ed ho avuto la triste conferma: a causa delle nuove norme di legge nei negozi di acquariofilia non ci sono più in vendita medicinali.

A questo punto sono intervenuto con una soluzione da primo intervento come indicato in vari forum:
- Ho alzato la temperatura dell'acqua a 25 gradi cioè all'interno dell'intervallo che accelera il metabolismo del parassita. Questo dovrebbe teoricamente far si che esso passi più rapidamente alla seconda fase quella in cui si stacca dall'ospite. Ovviamente a questo punto sarebbe ottimale intervenire sulla vasca in modo da impedirgli di continuare i cicli successivi e attaccare nuovi ospiti.
- Ho evitato accuratamente fertilizzazioni, cambi d'acqua e qualsiasi operazione potesse portare stress agli animali e conseguenti indebolimenti del loro sistema immunitario.

Non potevo sperare ovviamente in un risultato immediato ma il decesso di due esemplari in due giorni ed il contagio immediato di quasi tutti i pesci in vasca mi ha preoccupato.
Ho provato, quindi, a prelevare uno degli esemplari più colpiti ed immergerlo, in una soluzione di acqua e sale, in una diversa vaschetta. La soluzione in questione doveva agire da blando antiparassitario ma ha solo rallentato di alcune ore la fine del povero animale.

A quel punto ho provato a riassumere mentalmente alcuni concetti che avevo appreso:
Questo parassita è praticamente sempre presente nelle nostre vasche ma in condizioni normali i pesci ne sono immuni. Questo finquando qualche stress fisico abbassa le loro difese immunitarie permettendo al parassita di incistarsi sulla cute. Una delle cause principali indicate sono infatti i bruschi shock termici in occasione dei cambi d'acqua.
Ovviamente sono sempre consigliate delle adeguate condizioni igieniche generali della vasca.

A quel punto ho provato il mio rimedio iniziando con un cambio d'acqua effettuato al rallentatore. Questo avrebbe rimosso per quanto possibile almeno le sostanze nocive in eccesso. Ho fatto attenzione che il termometro fosse perfettamente stabile versando l'acqua al rallentatore e facendola circolare in vasca man mano che ne aggiungevo.
Ho versato una dose aggiuntiva di biocondizionatore in vasca visto che fra i benefici dello stesso oltre all'abbattimento delle sostanze nocive ci dovrebbe essere un miglioramento della mucosa protettiva dei pesci.
Ho acquistato e somministrato immediatamente del cibo ipervitaminico, sia per variare la dieta sia per aiutare la risposta immunitaria dei pesci, e delle vitamine (Minaroll - eSHa).

Nei giorni successivi la situazione andava visibilmente migliorando e anche se ho perso altri due esemplari tutti gli altri sono sopravvissuti. Onestamente non credo che senza queste attenzioni si sarebbero salvati.
Notevole il fatto che nonostante siano stati tutti colpiti gli Hemmigrammus non hanno avuto perdite...


Ho quindi:
- introdotto il cibo ipervitaminico nella dieta intervallando ogni 15 giorni ai mangimi standard già utilizzati.
- continuato l'utilizzo di vitamine per altri 20 giorni decrescendo lentamente la dose e restando pronto a reintrodurle ai primi segni di malessere.
- modificato le modalità di cambio dell'acqua rallentando l'operazione che ora dura un ora e facendo attenzione a minimizzare il salto termico.

Non penso di reintegrare immediatamente i pesci defunti in quanto ogni volta che ho superato la ventina di esemplari in vasca ho avuto problemi di questo tipo. Questo potrebbe indicare che è un limite della vasca (o più probabilmente del filtro) che non riesce a sostenere una popolazione maggiore.